giovedì 30 agosto 2012

ASPETTANDO "GRITA!"










GRITA!
Omaggio a Max Ernst

Casella di testo:

 Grita”, ovvero “urlo”, “grido”, non come quello di Munch, che è strozzato in bocca e sembra non riuscire a liberare tutta l’angoscia esistenziale della “gettatezza” in un mondo ostile votato alla morte e al “si” impersonale del “si fa”, del “si dice”, senza sbocchi, senza porti sicuri, in balia del peso di una promessa inevasa e finita male. “Grita” di Zanconato è piuttosto una protesta, ancora carica di speranza perché nella prepotente volontà di smarcarsi da questo tempo invoca qualcosa di nuovo. 
Omaggio a Max Ernst, B.ZANCONATO 2012
L’artista si esprime così sulla sua mostra: “Grita è un grido primordiale, selvaggio, cheproviene dal profondo di noi stessi, un grido come reazione a tutto ciò che oggi giorno non va, una reazione di riscatto verso tutte quelle persone che in virtù dei loro soldi o della posizione che rivestono si sentono autorizzate a prevaricare sugli altri pretendendo che si faccia secondo la loro volontà e che se messe di fronte ai fatti non sanno altro che nascondersi dietro a frasi quali ”lei non sa chi sono io” o “si informi circa il suo interlocutore”. Il suo dissenso non è affidato alla politica con i suoi riti inconcludenti, è invece consegnato all’arte nella sua veste trasformatrice di comunicazione pragmatica. 
La Zanconato non è nuova a Vigoleno; ha già esposto i suoi lavori in due occasioni insieme ad opere di bambini, che hanno partecipato ai suoi laboratori a metà tra il creativo e il terapeutico, sempre con la gioia di far uscire dal nulla, cioè da oggetti di risulta e di scarto, nuova vita, nuovi impossibili personaggi, incredibile vivacità nell’impasto dei colori e delle forme. Quest’anno l’artista corre quasi del tutto da sola, anche se non mancano le testimonianze dei suoi allievi, perché propone una personale, dove diventa più evidente il suo personalissimo stile di artista, che sa far rivivere le cose con poco o nulla. La sua arte povera, una sorta di “Trash Art”, che si serve di qualsiasi cosa per rimodularla, non è un minimalismo kitsch, trasuda invece una formidabile sensibilità, che comunica stati emotivi primordiali in un percorso disegnato con cura e con sapienza nello spazio felice dell’Oratorio di Vigoleno.
Grita (omaggio a P. Borsellino), B. ZANCONATO 2012
È utile sostare brevemente sullo stile dell’artista, che fa tesoro della lezione di Marcel Duchamp, quando rovesciò l’urinatoio scrivendovi sopra “R. Mutt” e inaugurò l’arte contemporanea tra clamori scandalizzati e reazioni violente, che lo allontanarono dalla rassegna del 1917 organizzata dalla Società degli artisti indipendenti di New York. La novità del “ready-made”, del riutilizzo delle cose quotidiane in arte pose radicalmente il problema di che cosa fosse un’opera d’arte dal momento che qualsiasi oggetto poteva entrare in un museo. Certamente Duchamp fece piazza pulita della saccenteria dei critici d’arte, ma inaugurò anche una rivoluzione linguistica perché fece capire che il significato di un oggetto dipende soprattutto dal contesto. 
In questa tradizione artistica contemporanea la Zanconato colloca la sua poetica, che non solo riposiziona nello spazio oggetti d’uso ormai sfiniti, ma li rigenera fino a farli diventare altro con una tensione formale ed estetica, che fa apparire “artistico” quel che abbiamo scartato come dequalificato e inutile. La maestria dell’artista sta in questa nuova carica emotiva che riesce a trasferire alle cose in un’operazione simbolica magistrale perché appare evidente il processo di simbolizzazione del pensiero, talvolta difficile da spiegare e da capire. Il simbolo è un oggetto, che sul suo significato primario, per esempio “sedia” porta un significato secondo più complesso, come ad esempio “posizione di comodo”. Così il colle de “L’Infinito” di Leopardi non è solo un’entità geografica, ma la barriera che scatena l’esperienza della immensità. Gli oggetti della Zanconato perdono il loro significato primario d’uso normale e acquistano un significato simbolico di altro genere, cioè del viaggio, della scoperta, della speranza, della protesta, ecc. L’effetto di defamiliarizzazione è ulteriormente corroborato dalle scritte, che non designano qualcosa di preciso, ma spesso sono lettere accostate a caso per una “Babele semiologia” aperta a mondi possibili più ampi. Anche allorquando vi è una citazione di un personaggio importante, come nell’opera che campeggia nello spazio della mostra, le parole sono sempre un po’ occultate per invitare lo spettatore alla ricerca e a soffermarsi.
BlaBla, B. ZANCONATO 2012

Mi sono dilungato un po’ sul meccanismo simbolico dell’arte, più che sui significati espliciti della mostra e sulle intenzioni dichiarate perché l’arte ha il potere di dire più di quello che vuole immettere l’artista. Sul significato prima di una sedia rotta si innesta una quantità enorme di significati non più in possesso del solo artista, ma dei visitatori che guardano l’opera.
La collocazione dell’artista nel panorama contemporaneo non esaurisce l’intenzione artistica della Zanconato perché ha sempre declinato la sua verve creativa con la sensibilità pedagogica. La presenza nella mostra di opere dei suoi allievi è un’esigenza della sua creatività, che non si limita alla fruizione degli spettatori, ma si carica del compito educativo nei confronti delle giovani generazioni. Sembra di ritornare alle botteghe degli artisti scolari. Così Cimabue e Giotto, così Vasari e Michelangelo, così Verrocchio e Leonardo, che eseguivano le opere della committenza impiegando i loro scolari. Senza negare la creatività personale degli adolescenti coinvolti, si sente nelle giovani proposte l’ispirazione del maestro. La Zanconato si illumina nel mostrare i risultati della sua scuola, che non si limita ad un modo di intendere l’arte, ma si allarga al benessere della persona, quasi che l’arte sia un processo terapeutico di educazione e talvolta di guarigione della coscienza.
È soprattutto per questa qualità genuinamente artistica di trasfigurazione terapeutica della realtà che si è voluto che la mostra fosse collegata all’iniziativa annuale “Omaggio a Max Ernst” dell’Associazione culturale “Vigoleno Borgo delle Arti”. La rassegna annuale vuole onorare il passaggio a Vigoleno del grande pittore tedesco naturalizzato americano, che amò questo Borgo e ideò la grande tela “La foresta imbalsamata” (1933), oggi alla Menil Collection di Houston, e creò molti frottages in mostra al Musé d’Orsay di Parigi qualche anno fa. Dopo il passaggio di nomi illustri legati ad Ernst, come Lucio del Pezzo, Enrico Baj, Maurice Henry, Jean Cocteau, si è voluto dare spazio ad un personaggio semisconosciuto, ma che può esibire la sua poetica senza il timore dei confronti.
L’opera di Zanconato testimonia con forza che non è finita l’epoca del sogno surrealista, inaugurata da Ernst, anzi sembra  ormai evidente in questo tempo frammentato e disorientato che c’è ancora posto per il sogno ad occhi aperti, che la realtà di ogni giorno non basta a nessuno e finché c’è un uomo o una donna si dovrà sempre reinventare il mondo.

Roberto Tagliaferri






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domenica 26 agosto 2012

GRITA


L’Associazione culturale L’Atelier è lieta di invitarvi alla mostra d’arte dal titoloGrita.
La mostra si terrà presso il borgo medievale di Vigoleno e verrà inaugurata

sabato 1 settembre ore 18.15

L’esposizione rimarrà aperta al pubblico nei fine settimana fino al 9 Settembre compreso.
Per l’occasione è stato pubblicato un catalogo in edizione limitata. Per chi fosse interessato è possibile prenotarlo inviando una mail in associazione.




Grita ovvero grida, urla. Ma non grida di dolore o di disperazione bensì un grido primordiale,selvaggio, che proviene dal profondo di noi stessi, un grido come reazione a tutto ciò che oggi giorno non va, una reazione di riscatto verso tutte quelle persone che in virtù dei loro soldi o della posizione che rivestono si sentono autorizzate a prevaricare sugli altri pretendendo che si faccia secondo la loro volontà e che se messe di fronte ai fatti non sanno altro che nascondersi dietro a frasi quali ”lei non sa chi sono io o si informi circa il suo interlocutore” .. gente che non sa che il valore di una persona non si misura dai soldi o dalla posizione sociale ma dalla capacità di avere rispetto degli altri e soprattutto non dalle parole ma dai fatti.. Sono i comportamenti che qualificano le persone.. Gandhi, Madre Teresa di Calcutta, S. Francesco non avevano bisogno di dire lei non sa chi sono io ...tutti ne riconoscevano e ne riconoscono il valore semplicemente perché alle parole hanno sostituito i fatti..
Deeds not words fatti e non parole quindi, questo è quello che determina il valore e la rispettabilità di una persona. Tu sei ciò che fai” … e allora basta parole vuote, torniamo a dar loro un senso ma soprattutto diamo un senso a ciò che facciamo. Coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa. Certo ci vuole coraggio per dire no, a volte è molto più comodo abbassare la testa ed accettare ma in questo caso siamo fieri di noi stessi? Vivere nell’omertà o secondo la volontà di altri è vero vivere?  La risposta è sempre dentro di noi, basta saperla o volerla ascoltare…E quando un giorno sapremo ascoltare avverrà in noi un “kriya”, una capitolazione, un cambiamento che ci porterà al “Grita” al grido di liberazione del nostro vero io.
Lo scopo della vita è lo sviluppo di noi stessi, la perfetta realizzazione della nostra natura: ecco la nostra ragione d’essere diceva Oscar Wilde. Dare un senso alle nostre azioni è quindi dare un senso alla nostra vita ma per fare questo è necessario liberarci di tutto ciò che non ci appartiene, dire no a tutto ciò che non riconosciamo come nostro . Per questo è necessario un potente“ Gritaaa”…

Questa mostra è dedicata a tutti coloro che hanno voglia di cambiare e di far sapere che al mondo che … c’è ancora chi dice “No”!

Bonito,
tutto a me mi sembra bonito…
Che bella giornata, da non cominciare
Che bella la vita
RESPIRA, RESPIRA, RESPIRA

il telefono suona, rispondo in cucina
e tutto a puttane, la vita è un casino
il vivere così non ne vale la pena
è duro arrivare all’ora di cena
l’amore è perduto, la festa è finita
s’ingolfa il motore che spinge al pianeta
che vita di merda, che triste final
io non so che fare però io gli dico
Bonito
tutto a me mi sembra bonito

Bonita la pace
Bonita la vita
Che bello rinascere ogni mattina
che bella la voce che non suona falsa
che bella la luce del sole che s’alza
che bella la gente che parla e non mente…

Bonita la gente quando non si arrende…

 Jarabe de Palo



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NOTE

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