venerdì 29 marzo 2013

LE RéVEIL





B. ZANCONATO  Le réveil,  2013
Tecnica mista – Tutti i diritti riservati ©
  
The grass was greener
The light was brighter
The taste was sweeter
The nights of wonder
With friends surrounded
The dawn mist glowing
The water flowing
The endless river
Forever and ever

                  “High hopes”  Pink Floyd


Un caro saluto a tutti e Buona Pasqua




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mercoledì 20 marzo 2013

ELOGIO DELLA FUGA



Buongiorno a tutti gli affezionati,


a pochi giorni dall’inizio della primavera, a sorpresa, il paesaggio si presenta così:
 


e la prima reazione è:


…voglia di fuga… 



..verso spazi lontani…





.. ricchi di sapori…
 




.. colori…




 
… aromi…




curiosità..

















Ma cosa nasconde il desiderio di fuga? Cosa ci spinge a fuggire? Interessante il punto di vista del biologo e filosofo Henri Laborit esposto nel saggio intitolato “Elogio della fuga” edito da Mondadori.


«Quando non può più lottare contro il vento e il mare per perseguire la sua rotta, il veliero ha due possibilità: l’andatura di cappa (il fiocco a collo e la barra sottovento) che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela. La fuga è spesso, quando si è lontani dalla costa, il solo modo di salvare barca ed equipaggio. E in più permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all’orizzonte delle acque tornate calme. Rive sconosciute che saranno per sempre ignorate da coloro che hanno l’illusoria fortuna di poter seguire la rotta dei carghi e delle petroliere, la rotta senza imprevisti imposta dalle compagnie di navigazione..»

La fuga dunque come soluzione di salvezza di fronte ad una realtà non più rispondente alle esigenze interiori. Quando la mente dell’individuo è imprigionata da regole e modalità di comportamento (automatismi comportamentali) imposti da altri e che inibiscono le potenzialità creative si crea uno stato di disadattamento e di ribellione intellettuale ed emotiva che favoriscono comportamenti compulsivi e aggressivi che possono sfociare in malattie psicosomatiche e in casi limite in un meccanismo degenerativo (uso di droghe, alcool, suicidio..) che altro non è che un tentativo estremo di fuggire ai dettami soffocanti della società. Ma come si creano gli automatismi comportamentali? Che cosa ci porta ad accettare regole e modalità di comportamento senza verificare o metterne  in dubbio la validità? Perché ci comportiamo in un certo modo e non in un altro? Che cosa guida le nostre azioni? Quale motivazione si nasconde dietro il nostro agire?
 
Henri Laborit (Wikipedia)

Interessante la soluzione proposta da Laborit che partendo dal presupposto di un legame indissolubile tra sistema nervoso centrale e comportamento fornisce riflessioni interessanti e sorprendenti su ogni aspetto fondamentale dell’esistenza:amore, libertà, piacere, vita quotidiana, politica, lavoro,fede, felicità.. Secondo lo studioso è la logica della dominanza la base di ogni tipo di rapporto, una logica che trova la sua origine nella costituzione stessa del nostro sistema nervoso, programmato per mantenere in equilibrio la nostra struttura biologica: obiettivo ultimo di ogni essere vivente è “essere”.  Non solo istinto di conservazione come soddisfazione dei bisogni primari ma anche istinto di gratificazione inteso come ripetizione di azioni che danno piacere. Un sistema complesso inserito in un ambiente complesso:nella ricerca delle azioni gratificanti è infatti inevitabile scontrarsi con altri individui dai medesimi bisogni. E’ da qui che nasce un conflitto che porterà ad avere un vincitore (dominante) e un vinto (dominato) ed è da qui che scaturisce la logica della dominanza: il vincitore imporrà le sue regole al vinto il quale sarà spinto a seguirle sia per sua pulsione innata, naturale e involontaria che per modello imposto precostituito:


"Il bambino è quasi sempre la completa espressione del suo ambiente anche quando ha un atteggiamento di rivolta… In ogni caso si comporta secondo gli automatismi che gli sono stati imposti…."
 
Spietata ma lucida l’analisi di Laborit su come il vincitore (talvolta inteso come gruppo) cerchi di mantenere il dominio sul vinto. Scrive per esempio:

"… preoccupata di riscuotere l’approvazione delle masse lavoratrici ancora indispensabili alla produzione espansionistica, la società industriale propina svaghi che le masse ingurgitano a comando e che costituiscono a loro volta una nuova fonte di profitto, dunque di mantenimento delle dominanze, e distolgono al tempo stesso le masse dai problemi esistenziali fondamentali. Ecco di cosa è fatta la vita di milioni di uomini: lavoro, famiglia … e svaghi organizzati.."

E ancora:

".. In mancanza di un’azione gratificante, la valvola dell’impegno politico o sindacale, della militanza può dare all’individuo l’impressione di avere uno scopo, di lavorare per il bene comune e per un mondo migliore, ma, in quest’ultimo caso, di solito gli è vietato di pensare con la sua testa, di cercare fonti di informazione al di fuori dei breviari recitati in continuazione nel corso delle riunioni pubbliche dove, come dappertutto, le qualità più apprezzate sono la memoria e il conformismo. In genere gli è proibito far funzionare la sua immaginazione se vuole godere della rassicurazione implicita nell’appartenenza al gruppo e vuole evitare di farsi dare dell’anarchico, del sinistrorso e magari dell’utopista. Deve obbedienza ai leader, ai padri ispirati, agli uomini della sopravvivenza, ai capi spirituali…

Le nostre società che esaltano tanto spesso, almeno a parole la responsabilità, si industriano di non lasciarne affatto all’individuo, per paura che agisca in modo non conforme alla struttura gerarchica di dominanza … "

L’impossibilità di sottrarsi all’ingranaggio della macchina sociale e l’impossibilità di agire per gratificarsi, se non sottomettendosi e conformandosi al sistema di produzione, porta - secondo Laborit - alla depressione o alla violenza. Un individuo può cercare di sottrarsi alla logica della dominanza secondo le seguenti modalità: 
  • la sottomissione, dove però ..."sottomettersi vuol dire accettare … la patologia psicosomatica che deriva necessariamente dall’impossibilità di agire secondo le pulsioni." 
  • la ribellione, ma..  "ribellarsi significa rovinarsi con le proprie mani, perché la ribellione, se attuata da un gruppo, ricostituisce subito una scala gerarchica di sottomissione all’interno del gruppo, e la ribellione solitaria porta rapidamente alla soppressione del ribelle da parte della generalità anormale che si crede detentrice della normalità." 
  • Quindi .. "Non rimane che la fuga. Ci sono diversi modi di fuggire. Alcuni si servono di droghe psicogene. Altri della psicosi. Altri del suicidio. Altri della navigazione solitaria. Forse c’è un altro modo ancora: fuggire in un mondo che non è di questo mondo, il mondo dell’immaginazione. Qui il rischio di essere inseguiti è minimo. Ci si può ritagliare un vasto territorio gratificante, che taluni chiameranno narcisistico..

Elogio dunque della creatività come via di fuga per mantenere un pensiero indipendente; un ritorno alle proprie radici più originali e creative per sviluppare un’individualità “senza uniforme” poiché..

"L’educazione alla creatività esige innanzi tutto l’ammissione che non vi sono certezze o almeno che esse sono sempre temporanee, efficaci a un dato istante dell’evoluzione, ma che si devono continuamente riscoprire…

Questa educazione favorirebbe lo sviluppo dell’individualità, e ciò andrebbe a tutto vantaggio della collettività che sarebbe così formata da individui senza uniforme. Penso anche che solo quest’educazione potrebbe portare alla tolleranza, perché intolleranza e settarismo sono sempre dovuti all’ignoranza e alla sottomissione incondizionata agli automatismi più primitivi, elevati al rango di etiche, di valori eterni e indiscutibili.."


“Finché le gambe mi permettono di fuggire, finché le braccia mi permettono di combattere, finché l’esperienza che ho del mondo mi permette di sapere che cosa devo temere o desiderare, niente paura: posso agire. Ma quando il mondo degli uomini mi costringe a osservare le sue leggi, quando il mio desiderio si scontra col mondo dei divieti, quando mi trovo imprigionato, mani e piedi, dalle catene implacabili dei pregiudizi e delle culture, allora tremo, gemo e piango. Spazio, ti ho perduto e mi rinchiudo in me stesso. Ritorno sulla cima del campanile dove, con la testa tra le nuvole, fabbrico arte, scienza e follia”.

Henri Laborit

 


Un caro saluto a tutti 



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