Buongiorno a tutti gli
affezionati,
a pochi giorni dall’inizio
della primavera, a sorpresa, il paesaggio si presenta così:
e la prima reazione
è:
…voglia di fuga…
..verso spazi lontani…
.. ricchi di sapori…
.. colori…
… aromi…
…curiosità..
Ma cosa nasconde il desiderio
di fuga? Cosa ci spinge a fuggire? Interessante il punto di
vista del biologo e filosofo Henri Laborit esposto nel saggio intitolato “Elogio
della fuga” edito da Mondadori.
«Quando non può più lottare contro il vento e il mare per
perseguire la sua rotta, il veliero ha due possibilità: l’andatura di cappa (il
fiocco a collo e la barra sottovento) che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti
alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela. La fuga è spesso,
quando si è lontani dalla costa, il solo modo di salvare barca ed equipaggio. E
in più permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all’orizzonte delle
acque tornate calme. Rive sconosciute che saranno per sempre ignorate da coloro
che hanno l’illusoria fortuna di poter seguire la rotta dei carghi e delle
petroliere, la rotta senza imprevisti imposta dalle compagnie di navigazione..»
La fuga dunque come soluzione
di salvezza di fronte ad una realtà non più rispondente alle esigenze
interiori. Quando la mente dell’individuo è imprigionata da regole e modalità
di comportamento (automatismi comportamentali) imposti da altri e che
inibiscono le potenzialità creative si crea uno stato di disadattamento e di
ribellione intellettuale ed emotiva che favoriscono comportamenti compulsivi e
aggressivi che possono sfociare in malattie psicosomatiche e in casi limite in
un meccanismo degenerativo (uso di droghe, alcool, suicidio..) che altro non è
che un tentativo estremo di fuggire ai dettami soffocanti della società. Ma come si creano gli
automatismi comportamentali? Che cosa ci porta ad accettare regole e modalità
di comportamento senza verificare o metterne in dubbio la validità?
Perché ci comportiamo in un certo modo e non in un altro? Che cosa guida le
nostre azioni? Quale motivazione si nasconde dietro il nostro agire?
Interessante la soluzione
proposta da Laborit che partendo dal presupposto di un legame indissolubile tra
sistema nervoso centrale e comportamento fornisce riflessioni interessanti e
sorprendenti su ogni aspetto fondamentale dell’esistenza:amore, libertà,
piacere, vita quotidiana, politica, lavoro,fede, felicità.. Secondo lo studioso è la
logica della dominanza la base di ogni tipo di rapporto, una logica che trova
la sua origine nella costituzione stessa del nostro sistema nervoso,
programmato per mantenere in equilibrio la nostra struttura biologica: obiettivo
ultimo di ogni essere vivente è “essere”. Non solo istinto di
conservazione come soddisfazione dei bisogni primari ma anche istinto di
gratificazione inteso come ripetizione di azioni che danno piacere. Un sistema
complesso inserito in un ambiente complesso:nella ricerca delle azioni
gratificanti è infatti inevitabile scontrarsi con altri individui dai medesimi
bisogni. E’ da qui che nasce un conflitto che porterà ad avere un vincitore
(dominante) e un vinto (dominato) ed è da qui che scaturisce la logica della
dominanza: il vincitore imporrà le sue regole al vinto il quale sarà spinto a
seguirle sia per sua pulsione innata, naturale e involontaria che per modello
imposto precostituito:
"Il bambino è quasi sempre la
completa espressione del suo ambiente anche quando ha un atteggiamento di
rivolta… In ogni caso si comporta secondo gli automatismi che gli sono stati
imposti…."
Spietata ma lucida l’analisi di Laborit su come il
vincitore (talvolta inteso come gruppo) cerchi di mantenere il dominio sul
vinto. Scrive per esempio:
"… preoccupata di riscuotere
l’approvazione delle masse lavoratrici ancora indispensabili alla produzione
espansionistica, la società industriale propina svaghi che le masse ingurgitano
a comando e che costituiscono a loro volta una nuova fonte di profitto, dunque
di mantenimento delle dominanze, e distolgono al tempo stesso le masse dai
problemi esistenziali fondamentali. Ecco di cosa è fatta la vita di milioni di
uomini: lavoro, famiglia … e svaghi organizzati.."
E ancora:
".. In mancanza di un’azione
gratificante, la valvola dell’impegno politico o sindacale, della militanza può
dare all’individuo l’impressione di avere uno scopo, di lavorare per il bene
comune e per un mondo migliore, ma, in quest’ultimo caso, di solito gli è
vietato di pensare con la sua testa, di cercare fonti di informazione al di
fuori dei breviari recitati in continuazione nel corso delle riunioni pubbliche
dove, come dappertutto, le qualità più apprezzate sono la memoria e il
conformismo. In genere gli è proibito far funzionare la sua immaginazione se
vuole godere della rassicurazione implicita nell’appartenenza al gruppo e vuole
evitare di farsi dare dell’anarchico, del sinistrorso e magari dell’utopista.
Deve obbedienza ai leader, ai padri ispirati, agli uomini della sopravvivenza,
ai capi spirituali…
Le nostre società che esaltano
tanto spesso, almeno a parole la responsabilità, si industriano di non lasciarne
affatto all’individuo, per paura che agisca in modo non conforme alla struttura
gerarchica di dominanza … "
L’impossibilità di sottrarsi
all’ingranaggio della macchina sociale e l’impossibilità di agire per
gratificarsi, se non sottomettendosi e conformandosi al sistema di produzione,
porta - secondo Laborit - alla depressione o alla violenza. Un individuo può cercare di
sottrarsi alla logica della dominanza secondo le seguenti modalità:
- la sottomissione, dove però ..."sottomettersi vuol dire accettare … la patologia psicosomatica che
deriva necessariamente dall’impossibilità di agire secondo le pulsioni."
- la ribellione, ma.. "ribellarsi significa rovinarsi
con le proprie mani, perché la ribellione, se attuata da un gruppo,
ricostituisce subito una scala gerarchica di sottomissione all’interno del
gruppo, e la ribellione solitaria porta rapidamente alla soppressione del
ribelle da parte della generalità anormale che si crede detentrice della
normalità."
- Quindi .. "Non rimane che la fuga. Ci sono diversi modi di fuggire. Alcuni si servono di droghe psicogene. Altri
della psicosi. Altri del suicidio. Altri della navigazione solitaria. Forse c’è
un altro modo ancora: fuggire in un mondo che non è di questo mondo, il mondo
dell’immaginazione. Qui il rischio di essere inseguiti è minimo. Ci si può
ritagliare un vasto territorio gratificante, che taluni chiameranno
narcisistico..
Elogio dunque della creatività
come via di fuga per mantenere un pensiero indipendente; un ritorno alle
proprie radici più originali e creative per sviluppare un’individualità “senza
uniforme” poiché..
"L’educazione alla creatività
esige innanzi tutto l’ammissione che non vi sono certezze o almeno che esse
sono sempre temporanee, efficaci a un dato istante dell’evoluzione, ma che si
devono continuamente riscoprire…
Questa educazione favorirebbe lo
sviluppo dell’individualità, e ciò andrebbe a tutto vantaggio della
collettività che sarebbe così formata da individui senza uniforme. Penso anche
che solo quest’educazione potrebbe portare alla tolleranza, perché intolleranza
e settarismo sono sempre dovuti all’ignoranza e alla sottomissione
incondizionata agli automatismi più primitivi, elevati al rango di etiche, di
valori eterni e indiscutibili.."
“Finché le gambe mi permettono di fuggire, finché le braccia mi
permettono di combattere, finché l’esperienza che ho del mondo mi permette di
sapere che cosa devo temere o desiderare, niente paura: posso agire. Ma quando
il mondo degli uomini mi costringe a osservare le sue leggi, quando il mio
desiderio si scontra col mondo dei divieti, quando mi trovo imprigionato, mani
e piedi, dalle catene implacabili dei pregiudizi e delle culture, allora tremo,
gemo e piango. Spazio, ti ho perduto e mi rinchiudo in me stesso. Ritorno sulla
cima del campanile dove, con la testa tra le nuvole, fabbrico arte, scienza e
follia”.
Henri Laborit