mercoledì 20 febbraio 2013

CONFESSO CHE HO DESIDERATO



Buongiorno a tutti gli affezionati,

la volta scorsa ho accennato a come oggigiorno ci sia la tendenza ad allontanarsi sempre più dalla nostra parte istintiva (spirituale) fino ad arrivare, in alcuni casi, a perdere il contatto con essa interrompendo così il dialogo interiore.  
Cosa succede quando diventiamo sordi ai messaggi dell’ anima?

Questo è il tema trattato nell’albo illustrato “Confesso che ho desiderato” edito da Campass, scritto da Giulia Belloni e illustrato da Daniela Tieni (edizione francese "Un désir inavoué" Passepartout Editions).  Il libro racconta la storia di una donna che ha perso il contatto con la propria anima cadendo in uno stato di apatia.

G. Belloni - D. Tieni
Confesso che ho desiderato, Ed. Campass 2011
Tutti i diritti riservati

Bella a mio avviso, da un punto di vista simbolico, la copertina che potrebbe essere interpretata in due modi: la protagonista raccolta in sé stessa e nascosta sotto un simbolico lenzuolo oppure nascosta sotto una coltre bianca come se si fosse scavata un rifugio (il paesaggio intorno potrebbe richiamare l’inverno con la neve e gli alberi spogli).
Coprire qualcosa con un telo è un gesto di protezione, ad esempio, quando un tempo si impastava il pane a mano lo si copriva con un telo per permettere al lievito di svolgere meglio la sua azione; anche l’immagine di un rifugio invernale sottoterra richiama il concetto di protezione, ad esempio, l’animale in letargo che si ripara in attesa del disgelo o un seme in attesa della primavera per germogliare.
Il significato simbolico delle due interpretazioni quindi è lo stesso perché entrambe rappresentano un desiderio di introspezione, una ricerca di raccoglimento interiore come preludio di una trasformazione che sta maturando.



G. Belloni - D. Tieni
Confesso che ho desiderato, Ed. Campass 2011
Tutti i diritti riservati

Secondo alcune correnti di pensiero, nella parte più profonda di noi risiede il nostro vero Io. Qui abitano anche i nostri sogni, i nostri progetti e le nostre aspirazioni. E’ da questa zona che noi dobbiamo attingere le informazioni se vogliamo sapere chi siamo e cosa vogliamo; è questa zona che dobbiamo arrivare a conoscere se vogliamo capire il senso della nostra vita. Questa comprensione è importante perché servirebbe a raggiungere quel benessere interiore utile per vivere in modo più sereno e pieno la nostra esistenza.
L’ attuale stile di vita, per ragioni varie (ad esempio l’eccessiva tendenza a razionalizzare ogni cosa), ci sta facendo perdere sempre più il contatto con questa parte di noi più profonda e spirituale.
Cosa succede quando perdiamo il contatto?
Diminuisce l’energia vitale, perdiamo la voglia di fare. Sentiamo un freddo interiore che ci blocca, troviamo che niente abbia più un senso e tendiamo ad isolarci. Ci facciamo sopraffare dalla paura perché smarriamo il nostro punto di riferimento, il nostro faro, la nostra bussola interiore. E’ per questo che perdiamo fiducia nelle nostre capacità finendo per sentirci dei disadattati, dei diversi. Spesso arriviamo al punto di perdere così tanto la fiducia in noi stessi da non considerarci neppure degni di desiderare…

Confesso che ho desiderato

“confesso”: la confessione riporta subito alla mente il concetto di peccato... quindi un errore grave, una colpa, qualcosa che non avrei dovuto commettere… qualcosa che mi rende immeritevole e degno di punizione (o comunque di “assoluzione”)… A tal punto arriva la disistima di noi stessi: ci sentiamo colpevoli persino di vivere!

Quando ci facciamo travolgere dai sensi di colpa, perdiamo la capacità di valutare e ci sentiamo “difettosi”. Il senso di colpa e la disistima finiscono per renderci vulnerabili e ci espongono in modo pericoloso alle manipolazioni da parte di persone senza scrupoli. E questo, come un cane che si morde la coda, ci rende ancora più confusi e incapaci di ascoltare gli avvertimenti interiori.
Troppo spesso poi, nel tentativo di trovare una soluzione rapida, ricerchiamo all’esterno le cause del nostro malessere, per esempio pensando di essere vittima di una malattia…

Accusavo forti dolori alla testa…

ma la soluzione non arriva mai dall’esterno: sta sempre dentro di noi. E’ cercando dentro di noi che troveremo la risposta.
Allora ecco il suggerimento: smettiamola di piangere (o di compiangerci), smettiamola di non credere in noi stessi, smettiamola di sentirci in colpa:

Accetta ciò che desideri

Questa è la ricetta.

G. Belloni - D. Tieni
Confesso che ho desiderato, Ed. Campass 2011
Tutti i diritti riservati

Nel racconto, la protagonista si rivolge a un medico che, nell’illustrazione, non viene connotato in modo definito,  sembra quasi un ombra… forse la protagonista ha cercato risposte nella cosiddetta medicina alternativa (iridologia?) o forse quel medico può anche intendersi non necessariamente come una figura reale ma una specie di spirito (magari quella voce che ogni tanto sentiamo dentro di noi) che ci è vicino (nell’immagine abbraccia la protagonista) e che, quando ci predisponiamo ad ascoltarlo, ci incoraggia ad intraprendere non una strada di comodo ma un cammino ben più difficile: quello dentro noi stessi.
L’abbraccio del medico mi fa anche pensare però a come in questi casi sia importante fare attenzione all’aspetto “umano”. Le persone che perdono il dialogo con la propria anima necessitano talvolta più di un contatto umano che di una soluzione chimica preconfezionata. Non è forse vero che una delle caratteristiche di questo stato d’animo è un forte senso di solitudine?... Forse, un invito velato ad una medicina meno asettica e distante ma più attenta alla persona nella sua globalità… in fondo, non siamo fatti di solo corpo…

Riprendere il dialogo con la propria anima non è però un processo immediato:

… ho pensato a cosa potessi desiderare: non mi è venuto in mente niente..

ma è sempre possibile.
Che cosa determina l’interruzione?
Secondo alcuni autori, il momento in cui abbiamo il massimo dialogo con la nostra anima sembrerebbe essere l’infanzia; un bambino piccolo sa istintivamente quello che vuole o quello di cui ha bisogno e lo manifesta senza essere influenzato dall’ambiente che lo circonda (quale genitore non ha provato il desiderio di essere invisibile la volta in cui suo figlio si è messo ad urlare in modo inconsolabile in mezzo a tanta gente…)
A mano a mano che cresciamo, gli insegnamenti che ci vengono impartiti (di qualsiasi natura essi siano) tendono a limitare il comportamento istintivo a favore di uno più “razionale” e questo perché l’obiettivo principale dell’educazione è il rispetto delle regole della collettività.
Di per sé non è sbagliato che il comportamento istintivo venga limitato perché imparare a rispettare gli altri è importante se vogliamo vivere all’interno della società. Ma non dobbiamo dimenticare che il rispetto va in due direzioni: verso gli altri ma anche verso se stessi e quello che va ricercato è l’equilibrio di queste due componenti.
Purtroppo però, attualmente la linea educativa prevalente tende più a reprimere il comportamento istintivo anziché a limitarlo. Pensate per esempio a come la curiosità, che è un nostro naturale e sano istinto (perché ci porta a farci domande e quindi ad approfondire la conoscenza, strumento fondamentale di autodifesa) venga invece vista troppo spesso come qualcosa di negativo. Fate mente locale a quante volte un bambino piccolo chiede “perché” e a come reagisce la maggior parte degli adulti..
Pensate a quanti “stai fermo, stai zitto, non toccare, non sei capace,ti fai male…etc” si sentono quotidianamente..
A lungo andare questa tendenza porta il bambino a perdere la sua curiosità naturale e a omologarsi alla maggioranza imparando ad accettare regole e comportamenti senza metterli in discussione. La stessa cosa continuiamo a farla anche da adulti: spesso e volentieri facciamo nostri dei principi, che poi influenzeranno i nostri comportamenti e di conseguenza la nostra vita, dando per scontato che, poiché sembrano giusti per gli altri, siano giusti anche per noi.
Succede però che tanto più diminuisce la nostra voglia di chiederci perché (e quindi di mettere in discussione o di voler capire ciò che ci viene insegnato e/o richiesto) tanto più perdiamo la capacità di udire la voce della nostra anima… così facendo, a poco a poco, finiamo per creare un abisso tra ciò che “siamo diventati” e ciò che “saremmo voluti diventare”. Ed è questo profondo baratro la vera causa del nostro malessere, ciò che ci fa sentire vuoti e privi di energia: non vediamo più un senso nelle cose perché siamo noi che abbiamo smesso di dare un senso alle cose. Abbiamo rinunciato a porci domande perdendo la capacità di ascoltare la nostra bussola interiore e così facendo ci siamo persi.
Ecco perché diventa importante ricominciare a chiedersi:
Che cosa desidero? Cosa voglio? Sono felice? Chi sono e chi voglio essere?
Imparare nuovamente ad ascoltare ciò che desideriamo: questa è la ricetta per far sì che “ciò che vorremmo essere” corrisponda il più possibile a “ciò che siamo” .

G. Belloni - D. Tieni
Confesso che ho desiderato, Ed. Campass 2011
Tutti i diritti riservati
Riprendere il dialogo con la propria anima è sempre possibile e può avvenire in qualsiasi momento perché il vantaggio dell’anima rispetto al corpo (sempre secondo alcune correnti di pensiero) è che non muore mai. Magari è lontana ma c’è sempre e allora per richiamarla a noi basta volerlo. L’anima, se ci mettiamo all’ascolto, torna a parlarci…

I sogni, così come l’arte, sono uno dei modi con cui l’anima comunica con noi. Non dobbiamo però interpretarli secondo un approccio razionale ma simbolico.
La bambina che appare in sogno alla protagonista del racconto quindi, non è da intendersi in senso reale ma, appunto, simbolico: è il suo Sé-bambino che nasce. Quando “ciò che siamo” incontra “ciò che vorremmo essere” nasce in noi qualcosa di nuovo, una specie di spirito neonato che farà da tramite tra il mondo razionale e quello spirituale. In altre parole, la bambina rappresenta una nuova forza che sboccia e cresce dentro di noi nel momento in cui capiamo ciò che vogliamo essere. E’ questa forza che ci guiderà quotidianamente e che ci indicherà la strada aiutandoci a fare delle scelte che tengano conto sia delle esigenze interiori (rispetto di sé) che del mondo esterno (rispetto degli altri).
C’è un detto che recita: “Quando c’è una meta anche il deserto diventa una strada” ..
Quando capiamo cosa vogliamo essere riusciamo a vedere cose che prima non vedevamo: è questo “il senso segreto delle cose”!
La conseguenza di questa nuova capacità acquisita porta ad una crescita interiore caratterizzata da una rinnovata voglia di progettare, costruire, fare. Quando riusciamo a riprendere il contatto con la nostra anima, la nostra creatività (nella sua accezione più ampia) torna a fluire e si diffonde in ogni aspetto della nostra vita come un albero che si ramifica in mille direzioni.

E allora ecco che, con il suo nuovo Sé-bambino sul cuore, la protagonista del nostro racconto è di nuovo in cammino, riprende la strada riuscendo finalmente a vedere il senso nascosto delle cose ..

Oltre quella linea luminosa.
Dietro l’orizzonte,
riesci a vederlo?

…che come un faro le indica la via… 

G. Belloni - D. Tieni
Confesso che ho desiderato, Ed. Campass 2011
Tutti i diritti riservati
  

“ Accetta ciò che desideri ”

“Confesso che ho desiderato”   Ed. Campass
 



Un caro saluto a tutti



                   L'autobus di Rosa
 


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