Buongiorno a tutti gli affezionati,
la volta scorsa ho accennato a come oggigiorno ci sia la
tendenza ad allontanarsi sempre più dalla nostra parte istintiva (spirituale)
fino ad arrivare, in alcuni casi, a perdere il contatto con essa interrompendo
così il dialogo interiore.
Cosa succede quando diventiamo sordi ai messaggi dell’ anima?
Cosa succede quando diventiamo sordi ai messaggi dell’ anima?
Questo è il tema trattato nell’albo illustrato “Confesso che
ho desiderato” edito da Campass, scritto da Giulia Belloni e illustrato da
Daniela Tieni (edizione francese "Un désir inavoué" Passepartout Editions). Il libro racconta la storia di una donna che ha perso il
contatto con la propria anima cadendo in uno stato di apatia.
G. Belloni - D. Tieni
Confesso che ho desiderato, Ed. Campass 2011
Tutti i diritti riservati |
Bella a mio avviso, da un punto di vista simbolico, la copertina
che potrebbe essere interpretata in due modi: la protagonista raccolta in sé
stessa e nascosta sotto un simbolico lenzuolo oppure nascosta sotto una coltre
bianca come se si fosse scavata un rifugio (il paesaggio intorno potrebbe
richiamare l’inverno con la neve e gli alberi spogli).
Coprire qualcosa con un telo è un gesto di protezione, ad
esempio, quando un tempo si impastava il pane a mano lo si copriva con un telo
per permettere al lievito di svolgere meglio la sua azione; anche l’immagine di
un rifugio invernale sottoterra richiama il concetto di protezione, ad esempio,
l’animale in letargo che si ripara in attesa del disgelo o un seme in attesa
della primavera per germogliare.
Il significato simbolico delle due interpretazioni quindi è lo
stesso perché entrambe rappresentano un desiderio di introspezione, una ricerca
di raccoglimento interiore come preludio di una trasformazione che sta
maturando.
G. Belloni - D. Tieni
Confesso che ho desiderato, Ed. Campass 2011
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Secondo alcune correnti di pensiero, nella parte più profonda di
noi risiede il nostro vero Io. Qui abitano anche i nostri sogni, i nostri
progetti e le nostre aspirazioni. E’ da questa zona che noi dobbiamo attingere
le informazioni se vogliamo sapere chi siamo e cosa vogliamo; è questa zona che
dobbiamo arrivare a conoscere se vogliamo capire il senso della nostra vita.
Questa comprensione è importante perché servirebbe a raggiungere quel benessere
interiore utile per vivere in modo più sereno e pieno la nostra esistenza.
L’ attuale stile di vita, per ragioni varie (ad esempio
l’eccessiva tendenza a razionalizzare ogni cosa), ci sta facendo perdere sempre
più il contatto con questa parte di noi più profonda e spirituale.
Cosa succede quando perdiamo il contatto?
Diminuisce l’energia vitale, perdiamo la voglia di fare.
Sentiamo un freddo interiore che ci blocca, troviamo che niente abbia più un
senso e tendiamo ad isolarci. Ci facciamo sopraffare dalla paura perché
smarriamo il nostro punto di riferimento, il nostro faro, la nostra bussola
interiore. E’ per questo che perdiamo fiducia nelle nostre capacità finendo per
sentirci dei disadattati, dei diversi. Spesso arriviamo al punto di perdere
così tanto la fiducia in noi stessi da non considerarci neppure degni di
desiderare…
Confesso che ho desiderato…
“confesso”: la confessione riporta subito alla mente il concetto
di peccato... quindi un errore grave, una colpa, qualcosa che non avrei dovuto
commettere… qualcosa che mi rende immeritevole e degno di punizione (o
comunque di “assoluzione”)… A tal punto arriva la disistima di noi stessi: ci
sentiamo colpevoli persino di vivere!
Quando ci facciamo travolgere dai sensi di colpa, perdiamo la
capacità di valutare e ci sentiamo “difettosi”. Il senso di colpa e la
disistima finiscono per renderci vulnerabili e ci espongono in modo pericoloso
alle manipolazioni da parte di persone senza scrupoli. E questo, come un cane
che si morde la coda, ci rende ancora più confusi e incapaci di ascoltare gli
avvertimenti interiori.
Troppo spesso poi, nel tentativo di trovare una soluzione
rapida, ricerchiamo all’esterno le cause del nostro malessere, per esempio
pensando di essere vittima di una malattia…
Accusavo forti dolori alla testa…
ma la soluzione non arriva mai dall’esterno: sta sempre dentro
di noi. E’ cercando dentro di noi che troveremo la risposta.
Allora ecco il suggerimento: smettiamola di piangere (o di
compiangerci), smettiamola di non credere in noi stessi, smettiamola di
sentirci in colpa:
Accetta ciò che desideri
Questa è la ricetta.
G. Belloni - D. Tieni
Confesso che ho desiderato, Ed. Campass 2011
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Nel racconto, la protagonista si rivolge a un medico che,
nell’illustrazione, non viene connotato in modo definito, sembra quasi un
ombra… forse la protagonista ha cercato risposte nella cosiddetta medicina
alternativa (iridologia?) o forse quel medico può anche intendersi non
necessariamente come una figura reale ma una specie di spirito (magari quella
voce che ogni tanto sentiamo dentro di noi) che ci è vicino (nell’immagine
abbraccia la protagonista) e che, quando ci predisponiamo ad ascoltarlo, ci
incoraggia ad intraprendere non una strada di comodo ma un cammino ben più
difficile: quello dentro noi stessi.
L’abbraccio del medico mi fa anche pensare però a come in questi
casi sia importante fare attenzione all’aspetto “umano”. Le persone che perdono
il dialogo con la propria anima necessitano talvolta più di un contatto umano
che di una soluzione chimica preconfezionata. Non è forse vero che una delle
caratteristiche di questo stato d’animo è un forte senso di solitudine?...
Forse, un invito velato ad una medicina meno asettica e distante ma più attenta
alla persona nella sua globalità… in fondo, non siamo fatti di solo corpo…
Riprendere il dialogo con la propria anima non è però un
processo immediato:
… ho pensato a cosa potessi desiderare: non mi è venuto in mente
niente..
ma è sempre possibile.
Che cosa determina l’interruzione?
Secondo alcuni autori, il momento in cui abbiamo il massimo
dialogo con la nostra anima sembrerebbe essere l’infanzia; un bambino piccolo
sa istintivamente quello che vuole o quello di cui ha bisogno e lo manifesta
senza essere influenzato dall’ambiente che lo circonda (quale genitore non ha
provato il desiderio di essere invisibile la volta in cui suo figlio si è messo
ad urlare in modo inconsolabile in mezzo a tanta gente…)
A mano a mano che cresciamo, gli insegnamenti che ci vengono
impartiti (di qualsiasi natura essi siano) tendono a limitare il comportamento
istintivo a favore di uno più “razionale” e questo perché l’obiettivo
principale dell’educazione è il rispetto delle regole della collettività.
Di per sé non è sbagliato che il comportamento istintivo venga
limitato perché imparare a rispettare gli altri è importante se vogliamo vivere
all’interno della società. Ma non dobbiamo dimenticare che il rispetto va in
due direzioni: verso gli altri ma anche verso se stessi e quello che va
ricercato è l’equilibrio di queste due componenti.
Purtroppo però, attualmente la linea educativa prevalente tende
più a reprimere il comportamento istintivo anziché a limitarlo. Pensate per
esempio a come la curiosità, che è un nostro naturale e sano istinto (perché ci
porta a farci domande e quindi ad approfondire la conoscenza, strumento
fondamentale di autodifesa) venga invece vista troppo spesso come qualcosa di
negativo. Fate mente locale a quante volte un bambino piccolo chiede “perché” e
a come reagisce la maggior parte degli adulti..
Pensate a quanti “stai fermo, stai zitto, non toccare, non sei
capace,ti fai male…etc” si sentono quotidianamente..
A lungo andare questa tendenza porta il bambino a perdere la sua
curiosità naturale e a omologarsi alla maggioranza imparando ad accettare
regole e comportamenti senza metterli in discussione. La stessa cosa
continuiamo a farla anche da adulti: spesso e volentieri facciamo nostri dei
principi, che poi influenzeranno i nostri comportamenti e di conseguenza la
nostra vita, dando per scontato che, poiché sembrano giusti per gli altri,
siano giusti anche per noi.
Succede però che tanto più diminuisce la nostra voglia di
chiederci perché (e quindi di mettere in discussione o di voler capire ciò che
ci viene insegnato e/o richiesto) tanto più perdiamo la capacità di udire la
voce della nostra anima… così facendo, a poco a poco, finiamo per creare un
abisso tra ciò che “siamo diventati” e ciò che “saremmo voluti
diventare”. Ed è questo profondo baratro la vera causa del nostro
malessere, ciò che ci fa sentire vuoti e privi di energia: non vediamo più un
senso nelle cose perché siamo noi che abbiamo smesso di dare un senso alle
cose. Abbiamo rinunciato a porci domande perdendo la capacità di ascoltare la
nostra bussola interiore e così facendo ci siamo persi.
Ecco perché diventa importante ricominciare a chiedersi:
Che cosa desidero? Cosa voglio? Sono felice? Chi sono e chi
voglio essere?
Imparare nuovamente ad ascoltare ciò che desideriamo: questa è la
ricetta per far sì che “ciò che vorremmo essere” corrisponda il più
possibile a “ciò che siamo” .
G. Belloni - D. Tieni
Confesso che ho desiderato, Ed. Campass 2011
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Riprendere il dialogo con la
propria anima è sempre possibile e può avvenire in qualsiasi momento perché il
vantaggio dell’anima rispetto al corpo (sempre secondo alcune correnti di
pensiero) è che non muore mai. Magari è lontana ma c’è sempre e allora per
richiamarla a noi basta volerlo. L’anima, se ci mettiamo all’ascolto, torna a
parlarci…
I sogni, così come l’arte,
sono uno dei modi con cui l’anima comunica con noi. Non dobbiamo però
interpretarli secondo un approccio razionale ma simbolico.
La bambina che appare in
sogno alla protagonista del racconto quindi, non è da intendersi in senso reale
ma, appunto, simbolico: è il suo Sé-bambino che nasce. Quando “ciò che siamo”
incontra “ciò che vorremmo essere” nasce in noi qualcosa di nuovo, una
specie di spirito neonato che farà da tramite tra il mondo razionale e quello
spirituale. In altre parole, la bambina rappresenta una nuova forza che sboccia
e cresce dentro di noi nel momento in cui capiamo ciò che vogliamo essere. E’
questa forza che ci guiderà quotidianamente e che ci indicherà la strada
aiutandoci a fare delle scelte che tengano conto sia delle esigenze interiori
(rispetto di sé) che del mondo esterno (rispetto degli altri).
C’è un detto che recita:
“Quando c’è una meta anche il deserto diventa una strada” ..
Quando capiamo cosa vogliamo
essere riusciamo a vedere cose che prima non vedevamo: è questo “il senso
segreto delle cose”!
La conseguenza di questa
nuova capacità acquisita porta ad una crescita interiore caratterizzata da una
rinnovata voglia di progettare, costruire, fare. Quando riusciamo a riprendere
il contatto con la nostra anima, la nostra creatività (nella sua accezione più
ampia) torna a fluire e si diffonde in ogni aspetto della nostra vita come un
albero che si ramifica in mille direzioni.
E allora ecco che, con il suo
nuovo Sé-bambino sul cuore, la protagonista del nostro racconto è di nuovo in
cammino, riprende la strada riuscendo finalmente a vedere il senso nascosto
delle cose ..
Oltre quella linea luminosa.
Dietro l’orizzonte,
riesci a vederlo?
…che come un faro le indica
la via…
G. Belloni - D. Tieni
Confesso che ho desiderato, Ed. Campass 2011
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“ Accetta ciò che desideri ”
“Confesso che ho
desiderato” Ed. Campass
Un caro saluto a tutti
Vedi anche: I colori come farmaci dell'anima
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