martedì 20 novembre 2012

L'AUTOBUS DI ROSA



Buongiorno a tutti gli affezionati,

qualche giorno prima che partissi per visitare la 30° mostra d’Illustrazione inaugurata a Sàrmede a fine ottobre, mi è stato chiesto di acquistare un libro che per qualche motivo - “per la storia, le illustrazioni o altro” - mi avesse colpito.
La mia scelta è caduta sull’albo illustrato “L’autobus di Rosa”.
Vorrei qui spiegare i motivi che mi hanno portato a scegliere, tra i numerosi libri, proprio questo.

L’albo illustrato intitolato “L’Autobus di Rosa”  è edito dalla casa editrice Orecchio Acerbo con il sostegno di Amnesty International;è scritto da Fabrizio Silei, autore sensibile a temi sociali e più volte premiato, ed illustrato da tavole di Maurizio A. C. Quarello dal notevole impatto figurativo in un’alternanza di colore e bianco/nero a sottolineare i diversi momenti in cui si svolge la storia.
Tradotto in numerosi paesi tra cui Francia, Germania, Spagna, Grecia, Brasile e Portogallo, il testo è stato anche adattato per il teatro.
 

Il libro si ispira ad una storia vera, quella di Rosa Parks, che nel lontano dicembre del 1955 si rifiutò di cedere il suo posto sull’autobus ad un passeggero bianco.



All’epoca, negli Stati Uniti, vigeva ancora la segregazione razziale a causa della quale esisteva una netta separazione tra mondo dei bianchi e quello delle persone di colore: ai neri, per esempio, non era permesso frequentare le stesse scuole dei bianchi, entrare in un bar o sedere nella parte anteriore degli autobus. La sera del 1 dicembre 1955, al rientro dal lavoro, Rosa salì sull’autobus che l’avrebbe condotta a casa e occupò un posto a sedere davanti rifiutando l’ordine dell’autista di alzarsi per far sedere un passeggero bianco rimasto in piedi. Per questo fu arrestata; in seguito perse il lavoro e ricevette minacce di morte che la costrinsero a trasferirsi.





Il suo gesto però non rimase isolato e, grazie al massiccio supporto della gente di colore, diede origine al boicottaggio dei bus che durò per 381 giorni durante i quali i neri, con grande spirito di sacrificio, si rifiutarono di prendere gli autobus. Il 13 novembre 1956 la Corte Suprema fu costretta a riconoscere incostituzionale la segregazione e ne vietò l’imposizione. Rosa diventò così, insieme a Martin Luther King, un simbolo del movimento statunitense per i diritti civili.

Le ragioni che mi hanno spinto a scegliere questo libro sono molteplici. Innanzitutto il messaggio che trasmette, che è universale e senza tempo. L’edizione molto ben curata; il testo scorrevole e immediato affiancato da illustrazioni dalla forte carica emotiva.
Le pagine dell’albo alternano illustrazioni a colori a tavole in bianco e nero, il tutto attraversato da una nota calda che ricorre per tutto il libro, dalla prima all’ultima pagina, come a sottolineare la continuità tra gli avvenimenti accaduti nel passato e l’epoca attuale in cui si svolge il racconto (il bianco non è puro bianco ma panna e il nero è giocato con diverse sfumature di grigio dalle tonalità morbide).


L’inizio del libro è ambientato ai giorni nostri e la voce narrante è quella di un nonno che accompagna il nipote a vedere un museo, avvenimento che da' l’occasione all’anziano signore per raccontare una storia accaduta molti anni prima e di cui, egli stesso, fu un involontario protagonista.
Il racconto si snoda in un crescendo di tensione che culmina nel “NO”” di Rosa la cui forza viene sottolineata magistralmente dalle immagini che inquadrano dapprima gli occhi della protagonista e subito dopo, girando pagina, la bocca che pronuncia il no.
In quegli occhi, che l’illustratore ha scelto di mettere in primo piano, si percepisce tutta la determinazione e la forza del no che sta per essere pronunciato… 



…così come dall’immagine successiva, che mette in primo piano le labbra di Rosa, si può cogliere la calma ma al contempo la risolutezza di quel “No” destinato a cambiare il corso della storia.

La potente carica emotiva, trasmessa da queste due pagine che ho descritto, dà l’occasione per fare una serie di considerazioni.

Innanzitutto è interessante chiedersi: “ Che cosa distingue Rosa dalle altre persone di colore?”
Il coraggio, certo, ma che cosa ha reso questa minuta signora di quarantadue anni così coraggiosa? Da dove arriva la forza che le ha permesso di vincere la paura e di lanciare, da sola, una sfida così impegnativa e pericolosa?
Io penso che la chiave di tutto sia da ricercarsi nel concetto di rispetto. Rosa ha trovato il coraggio di opporsi a quello che lei considerava una ingiustizia perché aveva rispetto di se stessa.

Il concetto di rispetto ci viene insegnato (o dovrebbe essere insegnato) sin da piccoli (“saluta”,” ringrazia”…) ma spesso ci si dimentica di evidenziare (e insegnare) che esistono due direzioni verso le quali indirizzare il rispetto: verso gli altri e verso se stessi; ed è l’equilibrio di queste due componenti che genera l’armonia che prelude al benessere… non materiale, naturalmente, ma dell’anima .
Viceversa, quando una delle due componenti è deficitaria non esiste neppure benessere interiore….
Rosa, probabilmente, aveva maturato questo ovvero aveva capito che, per essere in armonia con se stessa, avrebbe dovuto portare rispetto agli altri ma senza prescindere dal rispetto verso se stessa. E quando una persona acquisisce il concetto del rispetto di sé chiede poi, automaticamente, anche rispetto dagli altri. E’ questa consapevolezza che dà a Rosa il coraggio di essere irremovibile nel suo gesto.
Quando crediamo fermamente in qualcosa acquisiamo una forza che ci spinge a persistere nella nostra convinzione anche di fronte alle difficoltà addirittura anche di fronte alla possibilità di rischiare la morte. Rosa sapeva benissimo a cosa sarebbe andata incontro con quel rifiuto tuttavia rimase ferma nelle sue convinzioni e con dignità ne accettò le conseguenze:

"due poliziotti la presero di forza e l’alzarono di peso dal sedile.
Lei rimase immobile e si lasciò trasportare fino all’auto come una regina..”

L’atto coraggioso di questa donna ci insegna come non ci si debba mai rassegnare di fronte alle ingiustizie, che i cambiamenti dipendono da noi, da ciò in cui crediamo ma soprattutto dalla nostra volontà a metterci in gioco.

Alla luce di quanto detto sul rispetto appare evidente, inoltre, che la protesta di Rosa non poteva che essere pacifica e priva di violenza…
Questo, tra l’altro, rappresenta un esempio, quanto mai attuale, su come l’uso della violenza non sia l’unica alternativa possibile per sostenere le proprie ragioni.

C’è però un ulteriore fondamentale insegnamento che ci offre questa storia.
Rosa ha, sì, avuto il coraggio di opporsi, ed è grazie al suo gesto che tutto ha preso avvio, ma il suo “No” sarebbe rimasto sterile se altre persone non l’avessero sostenuta. Questo è un passaggio chiave da capire.
Se non vi fosse stato il sostegno concreto di altre persone Rosa sarebbe, con tutta probabilità, rimasta in carcere e prima o poi sarebbe stata vittima di qualche atto violento. E’ proprio il crescente sostegno delle persone intorno a lei che ha permesso al suo gesto di amplificarsi e acquistare forza. L’adesione in massa allo sciopero, che costrinse le autorità a rivedere la legge, determinò infatti non solo dei disagi per la popolazione nera, che non usò per un anno i mezzi pubblici, ma anche, a cascata, per la popolazione bianca tant’è che molte compagnie di autobus rischiarono di fallire .
Questo ci insegna che, anche se non tutti abbiamo la determinazione o le capacità per esporci in prima persona, tutti abbiamo però la possibilità di scegliere chi o che cosa sostenere. E il nostro sostegno è fondamentale perché è attraverso di esso che si determina il successo o l’insuccesso di azioni come quella di Rosa. I cambiamenti, in altre parole, non avvengono mai per volere di un singolo ma necessitano del sostegno da parte di molti.
Ma attenzione, il sostegno, perché sia efficace, deve essere concreto e non fatto solo di parole! Le persone che sostennero Rosa accettarono di andare a piedi per un anno il che significa che furono disposte a mettersi in gioco e a sacrificarsi per la causa in cui credevano…

"… A piedi, in bicicletta, col carretto, sui furgoni, persino a cavallo
di un somaro, ognuno si arrangiò come poté, ma niente autobus.
Andò avanti così per un anno intero…

Ma quel sacrificio alla fine le ha ripagate: non solo dopo un anno la legge cambiò ma oggi le nuove generazioni, gli eredi di quelle stesse persone, possono aprire il giornale e vedere che la storia è andata avanti, che il loro paese ha avuto la capacità di rinnovarsi e progredire…

"Sulla prima pagina c’è la foto di un uomo.
La pelle è scura come quella del bambino e anche gli occhi sono gli stessi.
Pelle e occhi identici a quelli di Rosa"





E noi …?  Che cosa leggiamo, noi, sulle pagine dei giornali?



“..c’è sempre un autobus che passa nella vita di ognuno di noi.
Io l’ho perso tanti anni fa.
Tu tieni gli occhi aperti : non perdere il tuo.”

 tratto da "L'autobus di Rosa" Orecchio Acerbo 





Un libro che fa riflettere



Un caro saluto a tutti





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