Buongiorno a tutti gli affezionati!!
Si sono conclusi da poco i laboratori didattici che, come sapete,
quest’anno erano incentrati sul tema del libro.
La finalità generale del progetto era di far conoscere ai bambini
il libro nei suoi molteplici aspetti e l’obiettivo pratico consisteva nella
realizzazione di un libro all’interno del quale ogni bambino poteva raccontare
e illustrare una propria storia riguardante il tema dell’amicizia.
L’entusiasmo da parte dei bambini è stato grande e i risultati sono
stati notevoli. Il merito è da attribuirsi anche allo spirito di
collaborazione, alla disponibilità e all’accoglienza che le insegnanti hanno
riservato a L’Atelier, tutti aspetti che hanno consentito di ottenere, durante
i laboratori, un clima sereno e nel contempo frizzante.
Le insegnanti hanno saputo cogliere il vero spirito dell’Atelier e
ne è la prova il fatto che le tecniche acquisite durante i laboratori sono
state d’ispirazione per portare avanti, in autonomia, altri progetti. Questo
rende noi dell’Atelier particolarmente orgogliosi perché significa che il seme
che abbiamo piantato è già diventato germoglio!!
Al termine di ogni ciclo di attività sono solita, in accordo con le
insegnanti, far scrivere ai bambini le impressioni sull’esperienza appena
vissuta. Mi piace sapere quello che pensano anche perché, se lasciati liberi di
esprimersi, i bambini scrivono spesso, per chi vuole leggere, delle cose molto
interessanti.
Avevo pensato di riportare di seguito alcuni dei pensieri più
rappresentativi ma una serie incredibile di “sincronicità” (che qualcuno
definirebbe semplicemente coincidenze) mi suggeriscono un altro modo di
procedere..
Tra le tante frasi bellissime che i bambini hanno scritto ce n’è
una che mi ha colpito in modo particolare.. è di una bambina che scrive:
Qualche giorno dopo aver letto questa frase ho ricevuto dalla casaeditrice Kite un plico all’interno del quale ho trovato questo libro:
Il libro intitolato “Il pentolino di Antonino”
edito da Kite edizioni, scritto e illustrato da Isabelle Carrier è la
traduzione di un albo illustrato uscito in Francia con il titolo “La Petite Casserole
d’Anatole”.
La scelta di tradurre il titolo originario con “Il pentolino di
Antonino” è stata fatta per rispettare la rima del titolo francese ma anche
perché a Padova (sede della casa editrice) S. Antonio è il santo dei miracoli e
questo libro racconta proprio di un piccolo miracolo che talvolta genitori e
insegnanti vedono compiersi nei bambini: il miracolo del cambiamento.
Antonino, il protagonista del libro (che simbolicamente
l’autrice sceglie di rappresentare come un piccolo ippopotamo in quanto animale
goffo) è un bambino a cui un giorno è caduto un pentolino in testa.
Simbolicamente
il pentolino rappresenta una difficoltà come ad esempio un trauma, una grave
perdita, un incidente, la separazione dai genitori, una disabilità o una
condizione familiare complessa (es. adozione o affido) o l’esperienza di
trovarsi in un nuovo contesto culturale. Il pentolino può rappresentare anche situazioni
meno gravi ma portatrici comunque di grande stress come il vivere una
particolare difficoltà in una certa fase di sviluppo o nel passaggio da una
tappa all’altra (es. scuola successiva..) oppure i cambiamenti che
sopraggiungono con la nascita di un fratellino etc..
A causa del pentolino Antonino, malgrado le sue tante qualità,
non è più come gli altri.
I bambini con il pentolino infatti, per stare al passo con gli
altri, devono fare più fatica. Spesso però le persone (adulti e compagni)
non riconoscono questo sforzo perché la loro attenzione è
rivolta tutta a ciò che viene definito e considerato il problema e/o al
mancato raggiungimento dello standard che ci si aspetta dai bambini
di quell’età.
Il fatto di essere poco riconosciuti, malgrado gli sforzi compiuti,
è un’esperienza frustrante per i bambini con il pentolino e le
conseguenti reazioni possono essere molteplici. Spesso i comportamenti
diventano aggressivi, la rabbia si esprime dicendo parolacce oppure reagendo in
modo violento (pugni, calci, morsi..) sia nei confronti degli adulti che dei
compagni. Poiché non è facile decodificare i comportamenti degli
“Antonini” spesso gli adulti focalizzano la loro attenzione unicamente sul
comportamento inadeguato e di conseguenza i bambini vengono sgridati e puniti .
Ad un certo punto il bambino rinuncia ad essere se stesso perché si
rende conto che malgrado tutti i suoi sforzi non riuscirà mai ad essere
come gli altri né verrà compreso e diventa così più facile per lui
rispondere all’etichetta che gli è stata posta.
Nel libro Antonino decide ad un certo punto di nascondersi sotto il
pentolino.
Nella vita di tutti i giorni i modi con i quali ci si può
nascondere nel proprio problema sono molti: da un lato ci sono i bambini
che decidono di diventare “invisibili” per non rischiare più di venire
ripresi (i cosiddetti bambini ”timidi” o quelli che “non si sa nemmeno di
averli”) e dall’altro i bambini “ribelli” definiti spesso “pestiferi,
terribili, troppo vivaci, incontenibili, iperattivi” il cui fare travolge come
una valanga replicando ogni volta quel processo dell’essere sgridato e
messo in punizione che finisce per innescare un circolo vizioso.
Ma …
…”fortunatamente esistono persone straordinarie. Basta incontrarne
una… per trovare la voglia di tirar fuori la testa dal pentolino “
Antonino incontra Margherita.
Margherita è una signora vestita in modo stravagante, con
le scarpe rosse e sul cui vestito compare una tasca che sembra contenere
qualcosa.
Viene presentata come “straordinaria” non perché superiore agli
altri, migliore o con dei superpoteri ma semplicemente perché riesce a mettersi
in sintonia con le frequenze di Antonino.
Margherita si accorge di Antonino ma non focalizza la sua
attenzione sul pentolino (il problema) bensì sul bambino nascosto sotto.
Con delicatezza bussa sul pentolino per attirare l’attenzione di Antonino.
Nel contempo si abbassa (si mette cioè sullo stesso piano del bambino per
costruire un canale di relazione) e recita una filastrocca (ovvero
usa un linguaggio comprensibile al bambino). Non toglie il pentolino dalla
testa di Antonino ma lo sposta (non prevarica ma dimostra rispetto per la
figura del bambino) quel tanto che basta per guardare Antonino negli
occhi e lo invita a guardare il pentolino verde che estrae dalla sua tasca;
in altre parole si presenta a lui per ciò che è, in modo autentico raccontando
i propri punti forti e le proprie difficoltà e rivelandosi a lui in
quanto persona.
Margherita non usa attrezzi particolari, il suo strumento è la
relazione: Margherita c’è.
Lei avvicina, accoglie, non giudica. Vede nella diversità di
Antonino la sua unicità. Margherita non cerca di tagliare il filo che unisce il polso di
Antonino al pentolino ma considera il pentolino come parte della persona di
Antonino. Per Margherita infatti il pentolino è sì una fonte di
difficoltà ma è anche una fonte di possibilità: diventa un ponte grazie a
cui attraversare la buca, una racchetta con cui giocare a tennis e divertirsi,
uno sgabello sul quale salire per dipingere…
Margherita aiuta Antonino ad esprimere i suoi punti forti, lo
sollecita a raccontarsi ma non cerca di conoscere in modo ossessivo cosa c’è
dentro il pentolino: si pone accanto al bambino con un atteggiamento empatico
di comprensione e di sostegno.
Margherita non si sostituisce ad Antonino neppure nel fare: non
disegna, non colora ma porta i colori e offre strumenti per consentire al
bambino di esprimersi al meglio senza sostituirsi a lui (nel libro
Margherita simbolicamente tiene le mani dietro la schiena) né lo esorta a
sbrigarsi (l’importanza del tempo!!!) ma al contrario lo rassicura e lo lascia
libero di sperimentare.
Antonino sceglie di raccontarsi con il pennello (ma le storie
possono essere raccontate a parole, con la musica, la danza ..).
Ed ecco l’importanza di valorizzare i talenti e le capacità
personali del bambino e di mostrargli il suo essere capace e competente in
qualcosa esprimendo apprezzamenti per le cose che fa e facendogli sentire che
anche il mondo esterno sa cogliere. Margherita alla fine organizzerà una mostra e le persone che
prima reagivano con imbarazzo, inquietudine e rifiuto, ora guardano interessate
a ciò che Antonino sa fare e a come esprime i suoi talenti e tornano a
relazionarsi con lui rispondendo con reciprocità ai suoi abbracci.
Un buon percorso educativo ha come obiettivo l’acquisizione dell’autonomia
da parte della persona, il diventare in grado di fare da sola e di passare ad
altro e un buon educatore sa riconoscere quando lo scopo è stato raggiunto.
Quando Margherita capisce che Antonino è pronto “a spiccare il
volo” gli dona una saccoccia come simbolo di tutta l’esperienza che Antonino
ha fatto con lei e che ora porterà sempre con sé e gli permetterà di evolvere.
E’ importante infatti lasciare un lascito di questa esperienza perché indica la
conclusione di un percorso ma anche il riconoscere fiduciosi che il bambino può
passare ora ad un’altra fase del suo cammino di crescita.
E se anche Antonino non avrà più occasione di rivedere Margherita
l’esperienza educativa con questa donna dal talento educativo sarà un motore
che lo accompagnerà per sempre.
Osservando l’immagine di Margherita si nota nel suo vestito una
tasca: si può immaginare che questa sia una traccia del fatto che anche lei
abbia in passato affrontato una situazione simile a quella di Antonino e che
anche lei abbia incontrato qualcuno che ha fatto la differenza, che è stato
veramente importante per lei. Forse è per questo che ha acquisito quella
sensibilità che la rende capace di mettersi in sintonia con le frequenze
dell’altro. E questo fatto rappresenta una possibilità che anche Antonino in
futuro possa diventare, grazie a questa esperienza, una persona “straordinaria”
ovvero in grado di porsi fuori dall’ordinario (extra-ordinario).
E’
nell’ottica di questo racconto che riporto alcune delle frasi che i bambini mi
hanno scritto perché vi è in tutte un sottile filo conduttore:
Le riflessioni scritte in corsivo che illustrano la storia di
Antonino sono state tratte dal quaderno pedagogico: “Educazione, pentolini e
resilienza” di Kite edizioni. Il quaderno è curato da Marco Ius e Paola
Milani docenti dell’Università di Padova.
La capacità di reagire in modo positivo e costruttivo di fronte
alle difficoltà e ad eventi negativi viene definita tecnicamente RESILIENZA.
All’interno di questo quaderno pedagogico potrete trovare un
approfondimento di questo concetto e anche degli spunti interessanti sul
concetto di co-educazione che pone l’accento su come una buona educazione sia
la risultante di molteplici interazioni fra le relazioni genitoriali, familiari
e sociali: la crescita e il cambiamento di un bambino avvengono grazie al
contributo di tutti.
Il quaderno è anche un utile strumento per rivisitare in modo
critico l’attuale modo di educare che ha sempre più la tendenza ad
etichettare i bambini con vecchi e nuovi disturbi. Una critica costruttiva
alla dilagante “psicologizzazione” dove “per ogni bambino che ha
un problema si chiama subito lo psicologo, prima ancora di chiedersi da dove
nasca il problema…”
Un utile strumento dunque per introdurre nuovi atteggiamenti e
strategie didattiche ed educative.
Ringrazio infine la casa editrice Kite perché attraverso la storia di
Antonino mi ha permesso, indirettamente, di spiegare in che cosa consiste
l’arteterapia.
I bambini non sono problemi da analizzare ma persone da
accompagnare.
Marco Ius
("Educazione, pentolini e resilienza" - Kite edizioni)