mercoledì 25 aprile 2012

IL PENTOLINO DI ANTONINO


Buongiorno a tutti gli affezionati!!

Si sono conclusi da poco i laboratori didattici che, come sapete, quest’anno erano incentrati sul tema del libro.
La finalità generale del progetto era di far conoscere ai bambini il libro nei suoi molteplici aspetti e l’obiettivo pratico consisteva nella realizzazione di un libro all’interno del quale ogni bambino poteva raccontare e illustrare una propria storia riguardante il tema dell’amicizia.

L’entusiasmo da parte dei bambini è stato grande e i risultati sono stati notevoli. Il merito è da attribuirsi anche allo spirito di collaborazione, alla disponibilità e all’accoglienza che le insegnanti hanno riservato a L’Atelier, tutti aspetti che hanno consentito di ottenere, durante i laboratori, un clima sereno e nel contempo frizzante.
Le insegnanti hanno saputo cogliere il vero spirito dell’Atelier e ne è la prova il fatto che le tecniche acquisite durante i laboratori sono state d’ispirazione per portare avanti, in autonomia, altri progetti. Questo rende noi dell’Atelier particolarmente orgogliosi perché significa che il seme che abbiamo piantato è già diventato germoglio!!

Al termine di ogni ciclo di attività sono solita, in accordo con le insegnanti, far scrivere ai bambini le impressioni sull’esperienza appena vissuta. Mi piace sapere quello che pensano anche perché, se lasciati liberi di esprimersi, i bambini scrivono spesso, per chi vuole leggere, delle cose molto interessanti.

Avevo pensato di riportare di seguito alcuni dei pensieri più rappresentativi ma una serie incredibile di “sincronicità” (che qualcuno definirebbe semplicemente coincidenze) mi suggeriscono un altro modo di procedere..
Tra le tante frasi bellissime che i bambini hanno scritto ce n’è una che mi ha colpito in modo particolare.. è di una bambina che scrive:

Qualche giorno dopo aver letto questa frase ho ricevuto dalla casaeditrice Kite un plico all’interno del quale ho trovato questo libro:

 
Il libro intitolato Il pentolino di Antonino edito da Kite edizioni, scritto e illustrato da Isabelle Carrier è la traduzione di un albo illustrato uscito in Francia con il titolo La Petite Casserole d’Anatole.
La scelta di tradurre il titolo originario con “Il pentolino di Antonino” è stata fatta per rispettare la rima del titolo francese ma anche perché a Padova (sede della casa editrice) S. Antonio è il santo dei miracoli e questo libro racconta proprio di un piccolo miracolo che talvolta genitori e insegnanti vedono compiersi nei bambini: il miracolo del cambiamento.

Antonino, il protagonista del libro (che simbolicamente l’autrice sceglie di rappresentare come un piccolo ippopotamo in quanto animale goffo) è un bambino a cui un giorno è caduto un pentolino in testa.

Simbolicamente il pentolino rappresenta una difficoltà come ad esempio un trauma, una grave perdita, un incidente, la separazione dai genitori, una disabilità o una condizione familiare complessa (es. adozione o affido) o l’esperienza di trovarsi in un nuovo contesto culturale. Il pentolino può rappresentare anche situazioni meno gravi ma portatrici comunque di grande stress come il vivere una particolare difficoltà in una certa fase di sviluppo o nel passaggio da una tappa all’altra (es. scuola successiva..) oppure i cambiamenti che sopraggiungono con la nascita di un fratellino etc..


A causa del pentolino Antonino, malgrado le sue tante qualità, non è più come gli altri.
I bambini con il pentolino infatti, per stare al passo con gli altri, devono fare più fatica. Spesso però le persone (adulti e compagni) non riconoscono questo sforzo perché la loro attenzione è rivolta tutta a ciò che viene definito e considerato il problema e/o al mancato raggiungimento dello standard che ci si aspetta dai bambini di quell’età.
Il fatto di essere poco riconosciuti, malgrado gli sforzi compiuti, è un’esperienza frustrante per i bambini con il pentolino e le conseguenti reazioni possono essere molteplici. Spesso i comportamenti diventano aggressivi, la rabbia si esprime dicendo parolacce oppure reagendo in modo violento (pugni, calci, morsi..) sia nei confronti degli adulti che dei compagni. Poiché non è facile decodificare i comportamenti degli “Antonini” spesso gli adulti focalizzano la loro attenzione unicamente sul comportamento inadeguato e di conseguenza i bambini vengono sgridati e puniti .
Ad un certo punto il bambino rinuncia ad essere se stesso perché si rende conto che malgrado tutti i suoi sforzi non riuscirà mai ad essere  come gli altri né verrà compreso e diventa così più facile per lui rispondere all’etichetta che gli è stata posta.
Nel libro Antonino decide ad un certo punto di nascondersi sotto il pentolino.
Nella vita di tutti i giorni i modi con i quali ci si può nascondere nel proprio problema sono molti: da un lato ci sono i bambini che decidono di diventare “invisibili” per non rischiare più di venire ripresi (i cosiddetti bambini ”timidi”  o quelli che “non si sa nemmeno di averli”) e dall’altro i bambini “ribelli” definiti spesso “pestiferi, terribili, troppo vivaci, incontenibili, iperattivi” il cui fare travolge come una valanga replicando ogni volta quel processo dell’essere sgridato e messo in punizione che finisce per innescare un circolo vizioso.

 
Ma …

…”fortunatamente esistono persone straordinarie. Basta incontrarne una… per trovare la voglia di tirar fuori la testa dal pentolino “

Antonino incontra Margherita.
Margherita è una signora vestita in modo stravagante, con le scarpe rosse  e sul cui vestito compare una tasca che sembra contenere qualcosa.
Viene presentata come “straordinaria” non perché superiore agli altri, migliore o con dei superpoteri ma semplicemente perché riesce a mettersi in sintonia con le frequenze di Antonino.
Margherita si accorge di Antonino ma non focalizza la sua attenzione sul pentolino (il problema) bensì sul bambino nascosto sotto.
Con delicatezza bussa sul pentolino per attirare l’attenzione di Antonino. Nel contempo si abbassa (si mette cioè sullo stesso piano del bambino per costruire un canale di relazione) e recita una filastrocca (ovvero usa un linguaggio comprensibile al bambino). Non toglie il pentolino dalla testa di Antonino ma lo sposta (non prevarica ma dimostra rispetto per la figura del bambino) quel tanto che basta per guardare Antonino negli occhi e lo invita a guardare il pentolino verde che estrae dalla sua tasca; in altre parole si presenta a lui per ciò che è, in modo autentico raccontando i propri punti forti e le proprie difficoltà e rivelandosi a lui in quanto persona.
Margherita non usa attrezzi particolari, il suo strumento è la relazione: Margherita c’è.
Lei avvicina, accoglie, non giudica. Vede nella diversità di Antonino la sua unicità. Margherita non cerca di tagliare il filo che unisce il polso di Antonino al pentolino ma considera il pentolino come parte della persona di Antonino. Per Margherita infatti il pentolino è sì una fonte di difficoltà ma è anche una fonte di possibilità: diventa un ponte grazie a cui attraversare la buca, una racchetta con cui giocare a tennis e divertirsi, uno sgabello sul quale salire per dipingere…
Margherita aiuta Antonino ad esprimere i suoi punti forti, lo sollecita a raccontarsi ma non cerca di conoscere in modo ossessivo cosa c’è dentro il pentolino: si pone accanto al bambino con un atteggiamento empatico di comprensione e di sostegno.



Margherita non si sostituisce ad Antonino neppure nel fare: non disegna, non colora ma porta i colori e offre strumenti per consentire al bambino di esprimersi al meglio senza sostituirsi a lui (nel libro Margherita simbolicamente tiene le mani dietro la schiena) né lo esorta a sbrigarsi (l’importanza del tempo!!!) ma al contrario lo rassicura e lo lascia libero di sperimentare.
Antonino sceglie di raccontarsi con il pennello (ma le storie possono essere raccontate a parole, con la musica, la danza ..).
Ed ecco l’importanza di valorizzare i talenti e le capacità personali del bambino e di mostrargli il suo essere capace e competente in qualcosa esprimendo apprezzamenti per le cose che fa e facendogli sentire che anche il mondo esterno sa cogliere. Margherita alla fine organizzerà una mostra e le persone che prima reagivano con imbarazzo, inquietudine e rifiuto, ora guardano interessate a ciò che Antonino sa fare e a come esprime i suoi talenti e tornano a relazionarsi con lui rispondendo con reciprocità ai suoi abbracci.

Un buon percorso educativo ha come obiettivo l’acquisizione dell’autonomia da parte della persona, il diventare in grado di fare da sola e di passare ad altro e un buon educatore sa riconoscere quando lo scopo è stato raggiunto.
Quando Margherita capisce che Antonino è pronto “a spiccare il volo” gli dona una saccoccia come simbolo di tutta l’esperienza che Antonino ha fatto con lei e che ora porterà sempre con sé e gli permetterà di evolvere. E’ importante infatti lasciare un lascito di questa esperienza perché indica la conclusione di un percorso ma anche il riconoscere fiduciosi che il bambino può passare ora ad un’altra fase del suo cammino di crescita.
E se anche Antonino non avrà più occasione di rivedere Margherita l’esperienza educativa con questa donna dal talento educativo sarà un motore che lo accompagnerà per sempre.



Osservando l’immagine di Margherita si nota nel suo vestito una tasca: si può immaginare che questa sia una traccia del fatto che anche lei abbia in passato affrontato una situazione simile a quella di Antonino e che anche lei abbia incontrato qualcuno che ha fatto la differenza, che è stato veramente importante per lei. Forse è per questo che ha acquisito quella sensibilità che la rende capace di mettersi in sintonia con le frequenze dell’altro. E questo fatto rappresenta una possibilità che anche Antonino in futuro possa diventare, grazie a questa esperienza, una persona “straordinaria” ovvero in grado di porsi fuori dall’ordinario (extra-ordinario).



E’ nell’ottica di questo racconto che riporto alcune delle frasi che i bambini mi hanno scritto perché vi è in tutte un sottile filo conduttore:







Le riflessioni scritte in corsivo che illustrano la storia di Antonino sono state tratte dal quaderno pedagogico: “Educazione, pentolini e resilienza” di Kite edizioni. Il quaderno è curato da Marco Ius e Paola Milani docenti dell’Università di Padova.


 
La capacità di reagire in modo positivo e costruttivo di fronte alle difficoltà e ad eventi negativi viene definita tecnicamente RESILIENZA.
All’interno di questo quaderno pedagogico potrete trovare un approfondimento di questo concetto e anche degli spunti interessanti sul concetto di co-educazione che pone l’accento su come una buona educazione sia la risultante di molteplici interazioni fra le relazioni genitoriali, familiari e sociali: la crescita e il cambiamento di un bambino avvengono grazie al contributo di tutti.
Il quaderno è anche un utile strumento per rivisitare in modo critico l’attuale modo di educare che ha sempre più la tendenza ad etichettare i bambini con vecchi e nuovi disturbi. Una critica costruttiva alla dilagante “psicologizzazione” dove  “per ogni bambino che ha un problema si chiama subito lo psicologo, prima ancora di chiedersi da dove nasca il problema…”       
Un utile strumento dunque per introdurre nuovi atteggiamenti e strategie didattiche ed educative.

Ringrazio infine la casa editrice Kite perché attraverso la storia di Antonino mi ha permesso, indirettamente, di spiegare in che cosa consiste l’arteterapia.

 
I bambini non sono problemi da analizzare ma persone da accompagnare.
Marco Ius
("Educazione, pentolini e resilienza" - Kite edizioni)


Un caro saluto a tutti


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