"Qualche anno fa ho avuto
un inverno difficile. Ora non mi pare importante ricordare l’origine di quel
male. Avevo trent’anni e mi sentivo senza forze, sperduto e sfiduciato come
quando un’impresa in cui hai creduto finisce miseramente [ …] In quel
momento immaginare il futuro mi sembrava un’ipotesi remota quanto quella di
mettersi in viaggio quando hai la febbre, fuori piove e la macchina è in
riserva sparata. Avevo dato molto, e dove stava la mia ricompensa? Passavo il
tempo tra librerie, negozi di ferramenta, l’osteria davanti a casa e il letto,
a contemplare il cielo bianco di Milano dal lucernario. Soprattutto non
scrivevo, che per me è come non dormire o non mangiare: era un vuoto che non
avevo mai sperimentato. In quei mesi i romanzi mi respingevano, ma fui attratto
da storie di persone che, per rifiuto del mondo, avevano cercato esperienze di
solitudine nella natura...
... così nacque in me il
desiderio di andare …
Non era tanto un bisogno
di partire, quanto di tornare; non di scoprire una parte sconosciuta di me
quanto di ritrovarne una antica e profonda, che sentivo di aver perduto…"
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Testo
tratto da “Il ragazzo selvatico" di Paolo Cognetti, Terre di mezzo editore, 2013
Gioia di cantare come te, torrente;
gioia di ridere
sentendo nella bocca i denti
bianchi come il tuo greto;
gioia d’essere nata
soltanto in un mattino di sole
tra le viole
di un pascolo;
d’aver scordato la notte
ed il morso dei ghiacci.
Antonia
Pozzi “Acqua alpina”
Un caro saluto a tutti
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